Specchio specchio delle mie brame..

Amare il proprio corpo non è facile, temo impossibile, ma amare se stessi va oltre ogni difetto.

Ho sempre visto alla tv o in giro ragazze dal corpo perfetto ed ogni volta che mi guardavo allo specchio non mi piaceva nulla di ciò che vedevo, ero arrivata a pesare 125 chili circa e la cosa peggiore è che li per li non mi rendevo nemmeno conto di quanti fossero, vedevo ragazze più magre ma poi tutto sommato mi rendevo conto di non essere ne depressa ne triste e quindi accettavo quei chili in più.

Cominciai a rendermi conto che non mi piacevo quando smisi di fare shopping, un leggins e la maglia più larga che avevo andava bene a prescindere purché fossero neri perché si sa, il nero snellisce. prima e dopo

Amare il proprio corpo non è facile, temo impossibile, ma modificarlo è possibile seppur difficile. Decisi di smettere di far finta di niente; non sono una di quelle che segue mille diete, non sono mai riuscita a farlo. In realtà basta modificare l’idea di alimentazione che si ha nella testa, ma per farlo bisogna rivolgersi ad un nutrizionista e per quanto possa creare disagio spogliarsi davanti a lui, sentirsi dire in faccia che il tuo peso è nella fascia di “obesità avanzata”.Obesità avanzata. O-B-E-S-I-T-A’   A-V-A-N-Z-A-T-A. Un colpo al cuore. Ti vergogni, ti senti brutta e tutte le motivazioni che puoi avere per essere arrivata a quel peso ora non contano più.

OBBIETTIVO: Diventare Belen Rodriguez. (vabbè più o meno dai……… all’incirca. )

Amare il proprio corpo non è facile, temo impossibile, ma con 30 chili in meno e la consapevolezza che la forchetta ed il calice di vino sono ancora i miei migliori amici, lo rende decisamente possibile.

Ho ancora tanta strada da fare e i miei chili di troppo li ho ancora; img_2887ma sapete cosa? mi piaccio.

So di aver rallentato un po’ e mollato un po’ il colpo. Per problemi fisici ho dovuto smettere di allenarmi e ho ricominciato per bene solo da un mese ma ora adoro fare shopping. Mi sveglio la mattina e mi piace scegliere cosa mettere e non per forza qualcosa di super largo anche se ammetto che ancora mi piacciono quei maglioni dove ci navighi dentro perché mi danno un senso di protezione e ammetto che non abbandonerò mai il mio adorato nero nonostante il mio maglioncino giallo canarino ogni tanto appaia dai meandri dell’armadio.

No, volevo dirvi anche che non sono diventata come Belen Rodriguez; domattina controllerò di nuovo.

Abbiate il coraggio di mostrare il vostro corpo e se non vi piace alzate il culo e cambiatelo. Basta poco, io non ho rinunciato al piacere di andare a cena fuori o a bermi una buona bottiglia di vino; e sì, ci sono giorni in cui la voglia di un hamburger o di sushi è più forte della voglia di petto di pollo e senza troppo sentirmi in colpa.

L’importante credo non sia quell’hamburger mangiato perché si può sempre cedere ad una voglia senza esagerare o senza abbuffarsi, l’importante è ciò che fai dopo, rimetterti in riga e non colpevolizzarti per tutti quei grassi ingeriti. Forse ci metterò più tempo di quanto quel nutrizionista aveva preventivato, però sono sicura che arriverò al mio obbiettivo.

 

Pentole e fornelli..

Ricordo l’odore del sugo salsiccia e piselli che inondava casa già alle 8 di mattina, il rumore dei cucchiai che sbattevano nelle ciotole e l’acqua del rubinettoIMG_1993 che non smetteva di scorrere perchè quando non hai la lavastoviglie lavare subito i piatti è legge. Quando ero piccola, nel periodo estivo, passavo spesso 10 o 15 giorni a casa di mia nonna, Iride, piccolina con un cuore enorme, i capelli sempre perfetti e puliti ogni mattina con l’acqua di rose ed una vitapassata davanti ai fornelli. Essendo una curiosa cronica spiavo sempre qualsiasi cosa preparasse, da un semplice insalata al sugo più difficile in assoluto e per innamorarmi di quei gesti e di quegli odori non c’è voluto nulla. Amo cucinare, è un forma di terapia per l’anima, nella cucina ci vuole pazienza, costanza, non puoi mettere su un sugo e poi dimenticartene. IMG_1976Cucinare vuol dire prendersi cura di qualcuno un po’ come dire “ti stavo pensando.” , ricordo la ciotola enorme di fragole che mia nonna preparava la mattina presto e solo la sera quando si era riempita di buonissimo e dolcissimo succo potevi mangiarle, era sempre la stessa ciotola bianca con i ricami blu e quel piatto di plastica sopra a coprirle; non andare a fregarne un cucchiaio ogni 5 minuti era una vera e propria lotta.

“Lo sai perché mi piace cucinare?”
“No, perché?”
“Perché dopo una giornata in cui niente è sicuro, e quando dico niente voglio dire n-i-e-n-t-e, una torna a casa e sa con certezza che aggiungendo al cioccolato rossi d’uovo, zucchero e latte l’impasto si addensa: è un tale conforto!”
(Giulia Child)

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Starbucks e crisi d’identità

Che Starbucks non sia il migliore caffè sulla faccia della terra siamo tutti d’accordo e che sia una moda anche; però tra me e le ragazze del mio Starbucks preferito (Starè Mesto, Praha 1) c’è un gioco in atto che mi porta quasi tutte le mattine (almeno per metà mese) a tentare di vincere ma mi stupiscono sempre: Shila, Sheila, Silvia, Cinthia, Silla, Cilla, Shaila, Shela, Schilla etc etc..

Oltre a sbagliare puntualmente il nome però sapete perchè mi piace così tanto?

In Italia nasceimg_4313 a Milano nel palazzo delle poste, megalomane per eccellenza blocca un’intera città per l’inaugurazione; fondato da chi di caffè non ne sapeva nulla, due insegnanti e uno scrittore/pubblicitario messi poi in ombra da Howard Schultz. Il nome nasce dalla convinzione che le parole che cominciano con “st” siano più potenti ed efficaci e fra le cose che adoro di più c’è che ogni Starbucks al mondo apre 10 minuti prima dell’orario stabilito e chiude 10 minuti precisi dopo, della serie, creiamo regole e spieghiamo come infrangerle funzioni.

Quanti di voi sanno delle caffetterie in incognito che questa grande catena ha in giro per il mondo? È il caso della Roy Street Coffee e della 15th Avenue Coffee di Seattle, nonché di una caffetteria nel campus della New York University portate alla luce per spiegare il marketing che c’è dietro.

Stamattina sono Shila e non c’è spelling che le possa fermare, ma non mi dispiace come nome quindi le perdono ancora una volta; del resto io sono assonnata ed è il caffè più vicino al museo.