Siamo tutti un po’ clochard..

Mi capita spesso, praticamente ogni giorno, di incontrare persone di ogni genere; vivo in una città che mi permette di sbattere contro realtà differenti senza bisogno di cercarle chissà dove.

Pavel, avrà circa 40 anni eppure ne dimostra almeno 56, non si capisce quanto è alto poiché sta sempre accasciato al suolo; sembra voglia a tutti i costi contare ogni singolo sampietrino del centro di Praga. Non so come abbia fatto a finire così, non so nemmeno da quanto non metta nello stomaco un pasto decente ma sembra stanco. Tiene fra le mani il suo piccolo bicchiere bianco di carta e ha la testa bassa, credo aspetti di sentire il suono di quei pochi spicci che qualcuno gli lancerà per pietà o solo perché si sa che le monetine in tasca spesso danno fastidio.

„Scrivere di un senzatetto è 

affidarsi alla scabrosità di una possibilità che ti appartiene. Perché gli artisti, spesso e volentieri, sono barboni fortunati. Ce l’hanno fatta a non finire all’addiaccio, ma conservano i tratti disturbati e l’inquietudine dell’erranza, vagano con gli occhi, sentenziano sul mondo, hanno ossessioni, riti. Ogni giorno corrono il rischio di perdersi, di non trovare più la strada del ritorno.“

—  Margaret Mazzantini scrittrice italiana 1961

Quanta saggezza.

Non è difficile capire dove sia

clochardcasa per lui. Pavel non ha una casa, ha un vecchio cartone bagnato come materasso e qualche giornale preso di nascosto dal camion della carta a fargli da coperta. L’ho seguito, è stato più forte di me; si è regolarmente fermato in tutti i bidoni alla ricerca di un pezzo di pane gettato da chi era troppo sazio per finirlo o magari da qualcuno a cui è caduto a terra e si sa, quando il cibo cade per terra si butta. Anche chiedendogli qualcosa non ci capiremmo, parliamo due lingue diverse io e Pavel, italiano e ceco; credo sappia che lo sto seguendo perché ogni tanto si ferma e mi guarda corrugando la fronte e serrando le mandibole come a dirmi: “Ti piace lo spettacolo? hai visto abbastanza?”

No, non mi piace. Non mi piace per niente, non lo trovo giusto, anche se…. se mi fermo a pensare: sto esattamente facendo l’errore che fanno quelli che critico tanto. Traggo conclusioni senza avere tutti i dati in fila per poter analizzare. 

Vedo ogni giorno passare gente pronta a prendere a calci il bicchierino di turno di qualche Pavel inginocchiato alla città; alcuni di loro lo fanno senza nemmeno girarsi a chiedere scusa ma almeno sono coerenti altri invece sono ancora peggio, si girano con quella faccia schifata perché magari quel Pavel puzza perché si è pisciato addosso e sotto il sole emana un odore nauseante, e gli lanciano 5 kc.

Pavel si è fermato di nuovo a guardarmi. Entro in un mini-market e invece che prendere una birra ne prendo due perché sicuramente è meglio il vetro del tetra pak a cui lui è ormai abituato e compro anche un panino per lui, stasera niente avanzi. Non so se vi è mai capitato ma vi assicuro che è una sensazione meravigliosa sedersi accanto a qualcuno di sconosciuto sul suo letto portatile, bere qualcosa insieme, godersi il silenzio di una città che sa parlare da sola, sorridersi, raccontarsi i problemi in lingue differenti perché l’importante non è capire, ma liberare la mente. La bellezza è spogliarsi di ogni cosa e sentirsi liberi di respirare la stessa aria. 

Have a safe flight..

1 minuto di vuoto allo stomaco. Succede ogni volta, nulla di strano.

1 ora e 5 minuti di volo. Oggi mi sento molto teenager forse per colpa delle all star datate 2010 oppure per la felpona oversize sui leggings di pelle; Avril Lavigne nelle orecchie e vi racconto ciò che vedo.

Posto 33D praticamente alla fine dell’aereo, lo scelgo apposta perché basta spostare la testa al centro del corridoio per giocare all’indovina chi.

Seduta davanti a me c’è la signora con cui ho parlato prima di partire. “Scusi signorina può guardarmi la valigia mentre vado a prendere l’acqua? Devo prendere le medicine.” Le ho sorriso e mi sono alzata al posto suo; “Non si preoccupi la prendo io, naturale o gasata?” . E dopo una bottiglia di acqua naturale, la sua cartella clinica e la vita del figlio residente a Praga sono diventata la sua migliore amica a tal punto da chiedere a quello seduto davanti a me di potersi sedere al suo posto.

Una ragazza affianco, felpa verde e testa appoggiata sul sedile davanti leggermente reclianato (non so come faccia a starci, sono talmente piccoli questi sedili!) . Si è addormentata poco dopo il decollo e sicuramente respira più rumorosamente di quanto vorrebbe. Mi piace, non se ne preoccupa.

Nella fila davanti a me c’è una coppia che discute, il tappezziere ha sbagliato la carta da parati in casa e lei incolpa lui, come se dovesse avere gli occhi ovunque anche a mille km di distanza. Non credo sia giusto, ma siamo donne, chi non l’ha mai fatto? Per qualche motivo esistono colpe maschili e colpe femminili a prescindere dalla realtà delle cose; il tubetto del dentifricio spremuto a caso è sicuramente colpa di lui come i calzini bianchi di spugna del calcetto diventati rosa è colpa di lei.

I Rio fanno da colonna sonora a questo mio gioco. “Improvvisare un ballo sopra ad ogni tetto di una qualsiasi città del mondo”.

Spesso mentre viaggio mi chiedo quanti aerei nel mondo stiano partendo nello stesso momento in cui sta decollando il mio. Mi piace pensare che milioni di persone stiano volando sopra montagne, città, mari o nuvole che sembrano marshmallows.

“Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perchè. I loro desideri hanno le forme delle nuvole.

Charles Baudelaire

L’aereo sta per atterrare.

Buon ritorno.

Buona partenza.

Astinenza di parole..

Sì, temo che il mio corpo sia in astinenza di parole.

Logorroica, amo definirmi tale, una di quelle persone che non riescono a stare senza parlare, chiedere, discutere, senza la possibilità di scegliere il silenzio; invece ora il silenzio è tutto ciò che ho perché in seguito ad un operazione alla gola non riesco a parlare. Tonsillectomia, nulla di troppo emozionante.

Il silenzio è generalmente una scelta, come quando sei arrabbiata o ci rimani male e allora stai in silenzio perché vorresti fosse colui con cui sei arrabbiata ad illuminarti con qualche parola passata lì per caso, magari in grado di farti sorridere e dimenticare l’arrabbiatura o magari solo il pretesto per cominciare a litigare; e diciamocela tutta, quelle parole dopo quel tipo di silenzio sono sempre le più taglienti, le più dure ed a volte le più vere.

Ora mettetevi nei miei panni; come si fa a litigare senza poter parlare? e come si fa a domandare? a ridere? a fare una conversazione che non diventi un monologo a senso unico? come si fa a godere in silenzio? 

Non l’ho ancora capito e spero che la parola mi torni a breve ma nel frattempo mi godo l’altra faccia della medaglia. Osservare ed ascoltare diventa più bello. 


Quando hai un terrazzo che si affaccia sul parco in una domenica di sole non hai bisogno di parole… Quattro anziani, un tavolino, l’ombra di un albero e un torneo di burraco hanno riempito il mio silenzio:

A: “Te sta zet, che tci ancoura un murgantoun” .  ( Stai zitto che sei ancora un bambino piccolo con le candele al naso)

B:” Zuga e sta zet! Ad Zugador”. ( Gioca e sta zitto. Giocatore dei miei stivali )

A:” Al chèrti agli é cume la mà, lì vò sampre bèn mè fiol piò stoppid”. ( É come la mamma che vuole sempre più bene al figlio più stupido. Detto a giocatore di carte non bravo, ma fortunato. )


Quei vecchietti con i loro reumatismi, le loro litigate, gli insulti e qualche bestemmia volata qua e la hanno passato un’altra domenica insieme a ridere senza bisogno di troppe cose o di troppi discorsi ed hanno fatto ridere anche me. Domenica prossima ore 16 sono stata invitata al torneo. 

Il punto non sono quei quattro vecchietti, il punto è: ci rendiamo conto di quanto siamo succubi di parole superflue? di quanto il 60% delle parole che diciamo non servano veramente? 

Ci riempiamo la vita di parole inutili, di occasioni perse per paura di parlare o perché invece non escono le parole giuste; esistono situazioni in cui una parola può salvare un rapporto o rovinarlo, quelle maledette parole di troppo. Le parole sono un mondo a cui mai rinuncerò ma forse a volte lo si può accantonare.

Forse per imparare ad ascoltare di più serve una tonsillectomia o forse solo un po’ di intelligenza in più..

CURIOSITA’: Camera anecoica.

(476 parole) 

Gate 3..

Esistono luoghi che contengono mondi interi, più o meno visibili; l’aeroporto è uno di quelli. Fateci caso, basta guardarsi un po’ attorno per rendersi conto di quanto spesso guardiamo senza vedere nulla..

Gate 3, l’aereo è in orario, quando volo con Czech Airline non ci sono mai grossi problemi. Sono seduta su una di quelle poltroncine blu con i poggia braccio grigi, decisamente consumate dalle mille persone che ogni giorno le usano. Oggi non c’è molta gente, il volo per Barcellona è appena partito (Barcellona…. ricordo ancora i mille odori meravigliosi de La Boqueria, il mio adorato mercato); questo mi fa sperare di non avere nessuno seduto vicino, poca gente significa anche più posti liberi.

Davanti a me una ragazza, mora, capelli legati, non è vestita molto bene sembra stia andando in montagna e le vorrei dire che non fa così freddo ma poi penso subito che sono la stessa che ad Agosto spesso si ritrova con la coperta di pile addosso, quindi taccio. Viaggia da sola credo, di fianco a lei c’è un ragazzo biondo con gli occhi azzurri che assomiglia al principe azzurro solo che al posto della corona ha un cappellino con la visiera dell’NBA, Chicago Bulls ottima scelta. Ha l’aria triste, non sembra contenta, credo si sia lasciata da poco o peggio abbia divorziato; si vede la linea bianca dell’anello sul dito vorrei dirle che passerà ma in fondo lo sa anche lei è che quel momento di dolore ci sta.

La signora di fianco si è appena data l’Amuchina nelle mani, puzza terribilmente. Cambio posto, scorro di due. Molto meglio.

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La solita voce, ormai siamo amiche; è la signorina che annuncia che il volo è pronto per l’imbarco e sono sicura si sia resa conto anche lei di quanto stridulo e fastidioso sia il suono delle sua voce. Ecco, questo è uno dei momenti che mi diverte di più… cominci a vedere l’ansia sul volto della gente che inizia a sistemare le cose frettolosamente per mettersi in fila. La chiamo “Ansia da principiante”.

Io continuo a scrivere.

La ragazza davanti a me chiude lo zaino lasciando fuori un pezzo di sciarpa rossa che come si alzerà comincerà a strisciare a terra; le sorrido e glielo dico, mi ringrazia e mi chiede se sono una scrittrice. Le dico di no ma le dico anche che ho scritto di lei. Non ho ben capito come l’ha presa, non ha detto nulla, si è solo girata ed è andata a sedersi un po’ più in là… Praga non è la sua destinazione.

“Ultima chiamata per il volo Czech Airline FR1001 per Praga.”

Ok.

Ora spengo.

                                                                                                                                          (437 Parole) 

 

 

Specchio specchio delle mie brame..

Amare il proprio corpo non è facile, temo impossibile, ma amare se stessi va oltre ogni difetto.

Ho sempre visto alla tv o in giro ragazze dal corpo perfetto ed ogni volta che mi guardavo allo specchio non mi piaceva nulla di ciò che vedevo, ero arrivata a pesare 125 chili circa e la cosa peggiore è che li per li non mi rendevo nemmeno conto di quanti fossero, vedevo ragazze più magre ma poi tutto sommato mi rendevo conto di non essere ne depressa ne triste e quindi accettavo quei chili in più.

Cominciai a rendermi conto che non mi piacevo quando smisi di fare shopping, un leggins e la maglia più larga che avevo andava bene a prescindere purché fossero neri perché si sa, il nero snellisce. prima e dopo

Amare il proprio corpo non è facile, temo impossibile, ma modificarlo è possibile seppur difficile. Decisi di smettere di far finta di niente; non sono una di quelle che segue mille diete, non sono mai riuscita a farlo. In realtà basta modificare l’idea di alimentazione che si ha nella testa, ma per farlo bisogna rivolgersi ad un nutrizionista e per quanto possa creare disagio spogliarsi davanti a lui, sentirsi dire in faccia che il tuo peso è nella fascia di “obesità avanzata”.Obesità avanzata. O-B-E-S-I-T-A’   A-V-A-N-Z-A-T-A. Un colpo al cuore. Ti vergogni, ti senti brutta e tutte le motivazioni che puoi avere per essere arrivata a quel peso ora non contano più.

OBBIETTIVO: Diventare Belen Rodriguez. (vabbè più o meno dai……… all’incirca. )

Amare il proprio corpo non è facile, temo impossibile, ma con 30 chili in meno e la consapevolezza che la forchetta ed il calice di vino sono ancora i miei migliori amici, lo rende decisamente possibile.

Ho ancora tanta strada da fare e i miei chili di troppo li ho ancora; img_2887ma sapete cosa? mi piaccio.

So di aver rallentato un po’ e mollato un po’ il colpo. Per problemi fisici ho dovuto smettere di allenarmi e ho ricominciato per bene solo da un mese ma ora adoro fare shopping. Mi sveglio la mattina e mi piace scegliere cosa mettere e non per forza qualcosa di super largo anche se ammetto che ancora mi piacciono quei maglioni dove ci navighi dentro perché mi danno un senso di protezione e ammetto che non abbandonerò mai il mio adorato nero nonostante il mio maglioncino giallo canarino ogni tanto appaia dai meandri dell’armadio.

No, volevo dirvi anche che non sono diventata come Belen Rodriguez; domattina controllerò di nuovo.

Abbiate il coraggio di mostrare il vostro corpo e se non vi piace alzate il culo e cambiatelo. Basta poco, io non ho rinunciato al piacere di andare a cena fuori o a bermi una buona bottiglia di vino; e sì, ci sono giorni in cui la voglia di un hamburger o di sushi è più forte della voglia di petto di pollo e senza troppo sentirmi in colpa.

L’importante credo non sia quell’hamburger mangiato perché si può sempre cedere ad una voglia senza esagerare o senza abbuffarsi, l’importante è ciò che fai dopo, rimetterti in riga e non colpevolizzarti per tutti quei grassi ingeriti. Forse ci metterò più tempo di quanto quel nutrizionista aveva preventivato, però sono sicura che arriverò al mio obbiettivo.

 

Pentole e fornelli..

Ricordo l’odore del sugo salsiccia e piselli che inondava casa già alle 8 di mattina, il rumore dei cucchiai che sbattevano nelle ciotole e l’acqua del rubinettoIMG_1993 che non smetteva di scorrere perchè quando non hai la lavastoviglie lavare subito i piatti è legge. Quando ero piccola, nel periodo estivo, passavo spesso 10 o 15 giorni a casa di mia nonna, Iride, piccolina con un cuore enorme, i capelli sempre perfetti e puliti ogni mattina con l’acqua di rose ed una vitapassata davanti ai fornelli. Essendo una curiosa cronica spiavo sempre qualsiasi cosa preparasse, da un semplice insalata al sugo più difficile in assoluto e per innamorarmi di quei gesti e di quegli odori non c’è voluto nulla. Amo cucinare, è un forma di terapia per l’anima, nella cucina ci vuole pazienza, costanza, non puoi mettere su un sugo e poi dimenticartene. IMG_1976Cucinare vuol dire prendersi cura di qualcuno un po’ come dire “ti stavo pensando.” , ricordo la ciotola enorme di fragole che mia nonna preparava la mattina presto e solo la sera quando si era riempita di buonissimo e dolcissimo succo potevi mangiarle, era sempre la stessa ciotola bianca con i ricami blu e quel piatto di plastica sopra a coprirle; non andare a fregarne un cucchiaio ogni 5 minuti era una vera e propria lotta.

“Lo sai perché mi piace cucinare?”
“No, perché?”
“Perché dopo una giornata in cui niente è sicuro, e quando dico niente voglio dire n-i-e-n-t-e, una torna a casa e sa con certezza che aggiungendo al cioccolato rossi d’uovo, zucchero e latte l’impasto si addensa: è un tale conforto!”
(Giulia Child)

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Crisi di Panico..

img_2672Ho sofferto di crisi di panico per 3 anni, a dire il vero non finisci mai di soffrirne ma impari semplicemente a conviverci e a combatterle. Quando soffri di crisi di panico ti scontri con due tipi di persone: chi non crede in ciò che stai provando e quindi ti deride, sei tu che lo fai apposta, sei tu che esageri, sei tu che in pratica fingi; e chi invece sa che non stai fingendo e non sa come comportarsi. Beh, per la prima categoria ho finito le parole, per la seconda ora vi spiego come ci si sente e cosa bisognerebbe fare; anzi lascio che sia Kelsey Darragh a farlo.

1. Sappi che sono spaventata e non sarò in grado di spiegarti il perché, quindi per favore non averne paura;

2. Guarda se le mie medicine sono nelle vicinanze e assicurati che la prenda;

3. Gli esercizi di respirazione mi abbatteranno, ma sono vitali: prova a farmi sincronizzare il respiro con il tuo;

4. Suggeriscimi gentilmente cose da poter fare insieme per distrarmi (Non dirmi di che cosa ho bisogno o cosa dovrei fare, non dirmi di stare calma, e ascoltami se dico di no a qualcosa);

5. Per via del panico, potrei avere disturbi dissociativi: ricordami che mi è già successo e che passerà!

6. Raccontami alcuni fatti divertenti su di me o sulla nostra vita insieme che mi faranno sorridere

7. Qualche sorso d’acqua può essere utile, ma non dirmi che devo mangiare o bere perché, credimi, è come se stessi per vomitare;

8. Se possiamo andarcene da dove siamo, portami a casa;

9. Per favore, cerca di essere davvero molto gentile con me: non mi riconosco e sono imbarazzata, e mi sento già colpevole, quindi per favore non essere arrabbiato con me;

10. A volte un lungo, grande abbraccio mi potrà far sentire al sicuro;

11. Non dirmi di combattere il panico. Piuttosto, lascia che mi attraversi. Più io cerco di controllarlo, o tu provi a controllarlo, peggio sarà;

12. Prova empatia verso di me. Potresti non prendere mai il panico, ma hai preso me.Una volta che passa, parlane con me. Cerchiamo di capire cosa abbiamo fatto e cosa possiamo fare la prossima volta.

Quando il panico prende il sopravvento non c’è un motivo preciso, succede e basta e può succedere in qualsiasi posto o situazione; conviverci si può, basta circondarsi di persone buone, di chi non userà mai quel panico contro di te.

Articolo troppo serio? prometto che nel prossimo parlerò di giuggiole o “come cucinare la perfetta pozione d’amore”.

La ragazza con la valigia..

Questo é il mio primo post a non so quanti metri di altezza.. Dal finestrino dell’aereo si vedono le montagne con un po’ di neve sopra che sembra lo zucchero a velo sui muffin al cioccolato appena sfornati anche se l’odore nell’aria non è quello. Si sente l’odore di qualcuno che probabilmente é di corsa da stamattina mischiato al “profumo” del finto caffè che ti offrono le accoglienti hostess insieme ad un giornale scritto in ceco che per quanto mi stia sforzando ancora non ho imparato. Se mi guardo in giro noto agghindate signore firmate dalla testa ai piedi, un signore che legge “il sangue versato” di Larsoon e davanti a lui una ragazza sta guardando nel suo piccolo computer portatile foto di case e arredamenti, probabilmente è appena andata a convivere o ancora no ma sogna presto di farlo o semplicemente sta andando a vivere da sola anche se quelle sono foto per una coppia e non per un single. Qualche signore davanti sta chiacchierando e qualcun’altra dorme respirando un pochino più rumorosamente di quanto si immagina; poi ci sono io che scrivo immaginandomi la storia di ognuno di loro, due signori si tengono la mano complici, non si conoscono da molto, non hanno la fede al dito, lui sulla quarantina lei probabilmente poco meno, si sorridono spesso e si guardano in un modo che da 10 giorni a me manca. Mi piace viaggiare perché ti permette di vedere persone e cose differenti da quelle che vedi ogni giorno, ti mostra cose che non avresti mai pensato di vedere e ti rende meno provinciale, meno spaventato da tutto ciò che ti circonda. Quando viaggi dopo un po’ prendere l’aereo diventa abitudine e sorridi vedendo la gente correre impanicata al gate per la paura di perdere il volo o fare a spintoni per essere primi a salire quando se sei l’ultimo sali ti siedi e non hai tutta quella gente che spinge o sta in piedi in coda per attendere di sedersi. Quando viaggi spesso perdi un po la magia del partire per una vacanza, é come quando ti lanci per la prima volta dal paracadute e provi un’ebrezza e una felicità che al decimo lancio non avrai più. Sto tornando a casa dopo 10 giorni a Praga in una città magica che non ti chiede mai niente e io questo lo adoro; puoi scende di casa in pigiama e nessuno ti giudica, puoi sederti al centro della piazza a fissare vecchi palazzi enormi che trasudano storie di epoche passate. Praga ti legge dentro, fai passeggiate lunghissime e non ti senti mai sola perché con te hai la città e tutte le sue meraviglie. Viaggiare è un arma a doppio taglio, ti fa rendere conto di non aver bisogno di nessuno oltre che di te stessa mentre a volte, invece, ti fa capire quanto quella mano che cerca la tua mentre cammini per te sia come ossigeno. Io posso vivere anche da sola, è che in due, si sa, certe cose vengono meglio.

Ora chiudo perchè sto per atterrare, partirà l’applauso per ringraziare il comandante di non averci fatto morire e io non voglio di certo perdermelo.

Tu sai perchè un corvo assomiglia ad una scrivania?

Stanotte pensavo ad alice nel paese delle meraviglie, pensate che bello se esistesse veramente una bevanda che ti rimpicciolisce al bisogno, magari quando vuoi essere una mosca piccolissima per ascoltare conversazioni o essere in un posto senza però essere vista; o magari una torta che ti fa diventare gigante, potresti schiacciare con un bel paio di Louboutin persone insulse e inutili che purtroppo però popolano questo mondo, e si sa, anche se l’omicidio a volte è un ottima soluzione non è consigliabile. Mi piacerebbe avere un brucaliffo drogato che mi consiglia sulle decisioni della vita, o un coniglio bianco che mi mette le presse quando è ora di uscire (sono una ritadataria cronica). Arrivare in centro per un aperitivo con il mio grafobrancio tigrato e dargli l’osso per giocare in attesa che ritorni (potrei non pagare il parcheggio, non penso che i vigili mi farebbero la multa), senza parlare dei meravigliosi cappeli che avrei se solo ci fosse con me il mio adorato cappelaio! Vorrei uno stregatto come animale domestico che appare e scompare a sua discrezione, magari con strisce colorate e grandi occhioni verdi. Dipingerei rose ogni giorno di un colore diverso per avvisare il mondo esterno del mio umore giornaliero; l’altro giorno c’era un piccolo riccio davanti alla mia porta di casa ho sorriso al pensiero che era riuscito a scappare dalla sua sorte di pallina da cricket! Sarei una ottima Alice, potrei scriverlo nel mio curriculum, sono un persona con un immaginazione fuori dal comune, capace di immaginarmi vere e proprie storie nel tempo di un semaforo rosso e sentirmi suonare perchè immersa nei pensieri non parto allo scattare del verde. Ma la mia adorata Alice non esiste, è solo il frutto della genialità di un drogato; ed io ora sono veramente in ritardo.

Non perdete mai la vostra moltezza.

Buon viaggio a vederci…

INIZIO…

Inizio.. è una parola che mi è sempre piaciuta, determina appunto l’inizio di un qualcosa, qualsiasi cosa, e io sono esperta nell’iniziare cose. Apro questo blog non con la presunzione che un sacco di gente lo legga e si appassioni a quello che scrivo ma semplicemente per evolvermi, ho sempre preferito scrivere su fogli di carta perchè credo che rendano ciò che sto scrivendo più autentico. Un foglio di carta lo ritrovi nel tempo rovinato e ingiallito ma se esso perde valore ne acquistano le parole scritte, quelle paroline in fila indiana che attendono il loro turno per essere lette. Mi piace preservare quei fogli di carta per tenermi qualcosa di mio ma allo stesso tempo eccomi qui a comunicare a tutti parte delle cose che mi passano per la testa. Tendo ad iniziare sempre molte cose, ho gli Hobby facili, ma purtroppo a completarne ben poche e anche se mi impongo ogni volta di portarle a termine odio la parola “FINE” e forse è per questo che le lascio aperte aspettando di appassionarmici ancora una volta magari a distanza di giorni, mesi o addirittura anni. In uno dei miei ultimi mini-viaggi sono stata a Firenze e prendendo un taxi mi sono messa ad ascoltare la radiolina che comunicava con l’autista (forse per l’invadenza del rumore di quelle voci) ed ho notato che alla fine di ogni comunicazione dicevano la parola “Ultimo”, l’ho trovato strano, non il solito PASSO E CHIUDO che sono abituata a sentire. L’ho trovato brutto, “Ultimo” come se quello fosse l’ultimo viaggio di quell’autista o ancora peggio di noi che ci siamo sopra, eppure sul volto dell’autista che decisi di chiamare Giorgio, c’era un gran sorriso come se alla fine di quella corsa gli avessi dato un milione di euro o gli avessi detto che il suo più grande desiderio si stava per avverare. Giorgio era silenzioso ma simpatico, quella simpatia che non comunichi parlando ma da semplici gesti come uno sguardo o un cenno con la testa. Arrivata a casa non gli ho dato un milione di euro e nemmeno gli ho detto che il suo più grande desiderio si stava per avverare ma l’ho salutato con uno dei miei migliori sorrisi e ho sperato che bastasse.

.Ultimo.