SCILLA BIZZOCCHI

img_4955About me?

Classe 1994, 23 Marzo e nasco a Rimini. Fissata cronica dei numeri dispari, dei formaggi tagliati male, delle porte chiuse e di circa altre 97 cose che sono sicura non interessino a nessuno. Scrivo per passione non di certo per lavoro, scrivo per rendere leggero qualcosa di pesante senza la presunzione che poi a qualcuno importerà leggerlo. Ci siamo io e la mia mente e quasi sempre ognuna va per i fatti suoi. Ho le passioni facili, amo capire il perché di ogni cosa e purtroppo di ogni persona. Pratico ansia classica da quando ero piccola, a tratti naïf a tratti egocentrica, amo il sarcasmo, i serial killer, i pop corn, le fragole, la fotografia ed il vino (solo quello buono). Odio i presuntuosi, i bugiardi, i piedi, i clown e chi applaude all’atterraggio, del resto quando vai a fare la ceretta mica applaudi all’estetista. Scilla non è il diminutivo di Priscilla e no, non so dove sia Cariddi.

528 giorni.. 

..528 giorni dopo..

Tutto è diverso tranne me che di diverso ho solo sempre più coraggio.

Vi è mai successo di sentire una sensazione strana tra lo stomaco e il cuore? succede che ti si crea un vuoto dentro e non puoi farci niente. Come quando sei in aereo e c’è un vuoto d’aria e ti senti tutto arrivare alla gola, ecco più o meno la sensazione è quella con la differenza che in aereo passa subito mentre oggi a me non passa mai. Ho pensato che uscire fosse l’idea migliore e quindi eccomi qui, sta facendo buio e in giro non c’è molta gente, cammino per una città che conosco da che sono piccola ma che ogni giorno non smette di stupirmi, una città nella quale posso ridere e piangere, una città che non mi lascia mai sola nemmeno quando siamo solo io e lei; ed è bella, bella da morire, trovi angoli di verde nascosti da immensi palazzi antichi che se potessero parlare racconterebbero storie di migliaia di persone passate di qui anche solo per un secondo o per ogni giorno della loro vita. Continuo a camminare lungo il fiume che sembra non finire mai e ogni ponte che passo un pensiero rimane indietro con esso, dovrei arrivare fino in Italia per esaurirli ma mi accontento di alleggerirmi un po’, e mentre Niccolò fabi mi uccide con una sua canzone nelle orecchie, che suona un po’ più alta di come dovrebbe, io non posso fare in meno di sorridere, è un sorriso involontario ma consapevole. Consapevole che sono ancora qui e tutto sommato non sono poi così male.

“In mezzo c’è tutto il resto, e tutto il resto è giorno dopo giorno e giorno dopo giorno è silenziosamente costruire, e costruire è sapere è potere rinunciare alla perfezione”

Sorrido e il magone alla gola un po’ scende, ora è in quello spazio dove si ferma tutto, tra il cuore e lo stomaco, li non fa poi così tanto male. Io sono brava a sopportare e dopo un po’ che sopporti arrivi a quel punto dove sembra che nulla ti possa distruggere e tutto sommato ti accorgi che è vero, che quando mi alzo la mattina e mi guardo allo specchio mi piace ciò che vedo, mi piace per come nonostante tutto io vivo senza la paura di quello che pensa la gente, senza precludermi qualcosa solo perché magari non la posso avere, nella vita non si sa mai, se un bruco può diventare una farfalla e cambiare così radicalmente non vedo come qualcosa possa essere impossibile, magari farà male, magari non sarà come pensavo, magari non otterrò mai ciò che voglio nel modo in cui lo voglio e sarà diverso, ma sicuramente niente sarà mai impossibile. Il non potere è semplicemente poco coraggio nell’ammettere che tutto sommato non lo si vuole poi così tanto.

“So poco della notte ma la notte sembra sapere di me, e in più, mi cura come se mi amasse, mi copre la coscienza con le sue stelle. Forse la notte è la vita e il sole la morte. Forse la notte è niente e le congetture sopra di lei niente e gli esseri che la vivono niente.

(Alejandra Pizarnik)”

Ormai è buio e forse anch’io ora sono niente, qualche barbone si copre con cartoni trovati chissà dove eppure io non sento così freddo, uno ha un occhio nero e il naso rosso come un clown. Non mi sono mai piaciuti i clown. Niccolò fabi insiste nelle mie orecchie e io continuo a camminare. Poco più avanti c’è un vecchio signore con un grosso cane al guinzaglio, chissà se ha qualcuno che lo aspetta a casa o anche lui è da solo, e se è da solo chissà come sta. Potrei chiederglielo ma non conosco la sua lingua, mi sembra triste, potrei abbracciarlo ma invaderebbe il mio spazio vitale quindi proseguo e gli auguro con il pensiero di avere una signora a casa solo troppo stanca per accompagnarlo questa sera, gli sorrido, lui contraccambia, non serve parlare la stessa lingua per questo.

Non so di preciso dove sono, penso che sia ora di tornare a casa ma è così bello qui fuori che decido di starci un altro po’. È pieno di turisti e io continuo a sorridere immaginando le storie di ognuno di loro, mi piace guardare la meraviglia nei loro occhi mentre guardano la città illuminata dai lampioni e crea un atmosfera magica che non si scorderanno mai.

Penso alle persone che ho conosciuto, a quelle che conoscerò, a chi mi capirà ma non vorrà avere niente a che fare con me, a chi non mi capirà ma penserà di sapere tutto. Penso a chi tornerà e a chi non vorrà mai più tornare. Penso se sarò mai pronta a urlare al mondo tutti i miei pensieri e penso se il mondo sarà mai pronto ad ascoltarli. E penso anche che io sono bella, che io sono diversa, che io le cose le faccio col cuore e che per quanto potrà essere pieno di cerotti, lividi e graffi lui ci sarà sempre e comunque.

Sorrido.

Stasera io ho vinto.

Sorrido.

Torno a casa.

Buon viaggio a vedersi.

La ragazza con la valigia..

Questo é il mio primo post a non so quanti metri di altezza.. Dal finestrino dell’aereo si vedono le montagne con un po’ di neve sopra che sembra lo zucchero a velo sui muffin al cioccolato appena sfornati anche se l’odore nell’aria non è quello. Si sente l’odore di qualcuno che probabilmente é di corsa da stamattina mischiato al “profumo” del finto caffè che ti offrono le accoglienti hostess insieme ad un giornale scritto in ceco che per quanto mi stia sforzando ancora non ho imparato. Se mi guardo in giro noto agghindate signore firmate dalla testa ai piedi, un signore che legge “il sangue versato” di Larsoon e davanti a lui una ragazza sta guardando nel suo piccolo computer portatile foto di case e arredamenti, probabilmente è appena andata a convivere o ancora no ma sogna presto di farlo o semplicemente sta andando a vivere da sola anche se quelle sono foto per una coppia e non per un single. Qualche signore davanti sta chiacchierando e qualcun’altra dorme respirando un pochino più rumorosamente di quanto si immagina; poi ci sono io che scrivo immaginandomi la storia di ognuno di loro, due signori si tengono la mano complici, non si conoscono da molto, non hanno la fede al dito, lui sulla quarantina lei probabilmente poco meno, si sorridono spesso e si guardano in un modo che da 10 giorni a me manca. Mi piace viaggiare perché ti permette di vedere persone e cose differenti da quelle che vedi ogni giorno, ti mostra cose che non avresti mai pensato di vedere e ti rende meno provinciale, meno spaventato da tutto ciò che ti circonda. Quando viaggi dopo un po’ prendere l’aereo diventa abitudine e sorridi vedendo la gente correre impanicata al gate per la paura di perdere il volo o fare a spintoni per essere primi a salire quando se sei l’ultimo sali ti siedi e non hai tutta quella gente che spinge o sta in piedi in coda per attendere di sedersi. Quando viaggi spesso perdi un po la magia del partire per una vacanza, é come quando ti lanci per la prima volta dal paracadute e provi un’ebrezza e una felicità che al decimo lancio non avrai più. Sto tornando a casa dopo 10 giorni a Praga in una città magica che non ti chiede mai niente e io questo lo adoro; puoi scende di casa in pigiama e nessuno ti giudica, puoi sederti al centro della piazza a fissare vecchi palazzi enormi che trasudano storie di epoche passate. Praga ti legge dentro, fai passeggiate lunghissime e non ti senti mai sola perché con te hai la città e tutte le sue meraviglie. Viaggiare è un arma a doppio taglio, ti fa rendere conto di non aver bisogno di nessuno oltre che di te stessa mentre a volte, invece, ti fa capire quanto quella mano che cerca la tua mentre cammini per te sia come ossigeno. Io posso vivere anche da sola, è che in due, si sa, certe cose vengono meglio.

Ora chiudo perchè sto per atterrare, partirà l’applauso per ringraziare il comandante di non averci fatto morire e io non voglio di certo perdermelo.

Tu sai perchè un corvo assomiglia ad una scrivania?

Stanotte pensavo ad alice nel paese delle meraviglie, pensate che bello se esistesse veramente una bevanda che ti rimpicciolisce al bisogno, magari quando vuoi essere una mosca piccolissima per ascoltare conversazioni o essere in un posto senza però essere vista; o magari una torta che ti fa diventare gigante, potresti schiacciare con un bel paio di Louboutin persone insulse e inutili che purtroppo però popolano questo mondo, e si sa, anche se l’omicidio a volte è un ottima soluzione non è consigliabile. Mi piacerebbe avere un brucaliffo drogato che mi consiglia sulle decisioni della vita, o un coniglio bianco che mi mette le presse quando è ora di uscire (sono una ritadataria cronica). Arrivare in centro per un aperitivo con il mio grafobrancio tigrato e dargli l’osso per giocare in attesa che ritorni (potrei non pagare il parcheggio, non penso che i vigili mi farebbero la multa), senza parlare dei meravigliosi cappeli che avrei se solo ci fosse con me il mio adorato cappelaio! Vorrei uno stregatto come animale domestico che appare e scompare a sua discrezione, magari con strisce colorate e grandi occhioni verdi. Dipingerei rose ogni giorno di un colore diverso per avvisare il mondo esterno del mio umore giornaliero; l’altro giorno c’era un piccolo riccio davanti alla mia porta di casa ho sorriso al pensiero che era riuscito a scappare dalla sua sorte di pallina da cricket! Sarei una ottima Alice, potrei scriverlo nel mio curriculum, sono un persona con un immaginazione fuori dal comune, capace di immaginarmi vere e proprie storie nel tempo di un semaforo rosso e sentirmi suonare perchè immersa nei pensieri non parto allo scattare del verde. Ma la mia adorata Alice non esiste, è solo il frutto della genialità di un drogato; ed io ora sono veramente in ritardo.

Non perdete mai la vostra moltezza.

Buon viaggio a vederci…

INIZIO…

Inizio.. è una parola che mi è sempre piaciuta, determina appunto l’inizio di un qualcosa, qualsiasi cosa, e io sono esperta nell’iniziare cose. Apro questo blog non con la presunzione che un sacco di gente lo legga e si appassioni a quello che scrivo ma semplicemente per evolvermi, ho sempre preferito scrivere su fogli di carta perchè credo che rendano ciò che sto scrivendo più autentico. Un foglio di carta lo ritrovi nel tempo rovinato e ingiallito ma se esso perde valore ne acquistano le parole scritte, quelle paroline in fila indiana che attendono il loro turno per essere lette. Mi piace preservare quei fogli di carta per tenermi qualcosa di mio ma allo stesso tempo eccomi qui a comunicare a tutti parte delle cose che mi passano per la testa. Tendo ad iniziare sempre molte cose, ho gli Hobby facili, ma purtroppo a completarne ben poche e anche se mi impongo ogni volta di portarle a termine odio la parola “FINE” e forse è per questo che le lascio aperte aspettando di appassionarmici ancora una volta magari a distanza di giorni, mesi o addirittura anni. In uno dei miei ultimi mini-viaggi sono stata a Firenze e prendendo un taxi mi sono messa ad ascoltare la radiolina che comunicava con l’autista (forse per l’invadenza del rumore di quelle voci) ed ho notato che alla fine di ogni comunicazione dicevano la parola “Ultimo”, l’ho trovato strano, non il solito PASSO E CHIUDO che sono abituata a sentire. L’ho trovato brutto, “Ultimo” come se quello fosse l’ultimo viaggio di quell’autista o ancora peggio di noi che ci siamo sopra, eppure sul volto dell’autista che decisi di chiamare Giorgio, c’era un gran sorriso come se alla fine di quella corsa gli avessi dato un milione di euro o gli avessi detto che il suo più grande desiderio si stava per avverare. Giorgio era silenzioso ma simpatico, quella simpatia che non comunichi parlando ma da semplici gesti come uno sguardo o un cenno con la testa. Arrivata a casa non gli ho dato un milione di euro e nemmeno gli ho detto che il suo più grande desiderio si stava per avverare ma l’ho salutato con uno dei miei migliori sorrisi e ho sperato che bastasse.

.Ultimo.